Relatrice

Paola Capasso

 

KULLERVO

Il personaggio di Kullervo, la cui vicenda nel Kalevala occupa 5 runi, è ormai considerato dagli studiosi tolkeniani come il prototipo letterario di Turin Turambar. Il quadro si completa però solo  grazie ad un lavoro giovanile di Tolkien intitolato “La storia di Kullervo” che non è altro che la versione rivisitata dall’autore della vicenda del Kullervo originario e che fu composto qualche anno prima che Tolkien inizisse a mettere mano alle prime storie del Silmarillion.

Nel libro “La storia di Kullervo”, pubblicato nel 2016 e curato da V. Fliager, viene accuratamente descritto il passaggio compiuto da Tolkien nella creazione di uno dei personaggi più tormentati e amati del suo legedarium.

Riporterò di seguito alcune considerazioni tratte dall’opera testè citata e presento subito il sunto della storia di Kullervo come narrata nel Kalevala.

Väinämöinen

Untamo uccide il fratello Kalervo, devastandone la proprietà, e ne rapisce la moglie, all’epoca in attesa di Kullervo. Il bambino nasce pertanto in cattività, come un disadattato. Gode di una forza inusuale e precoce ed è predisposto verso la magia. Untamo tenta tre volte di ucciderlo ma il bambino, dalla forza straordinaria e complice la magia, sopravvive. Anche i tentativi di farlo lavorare al servizio dello zio non vanno a buon fine perché Kullervo non è capace di controllarsi e semina ovunque distruzione. Untamo allora lo vende come schiavo al fabbro Ilmarinen dove viene messo a pascolare il bestiame. Per un atto malvagio della moglie di Ilmarinen, che nasconde una selce nel pranzo, Kullervo distrugge il coltello unico ricordo del padre. Architetta quindi la propria vendetta trasformando orsi e lupi in finto bestiame che uccideranno la donna al ritorno dal pascolo. Ancora in odore di vendetta Kullervo parte alla ricerca di Untamo ma durante il viaggio scopre che la sua famiglia originaria è ancora viva e la raggiunge. Tollerato solo dalla madre e anche qui incapace di svolgere qualsiasi lavoro per la troppa irruenza, viene mandato a pagate i tributi. Nel viaggio di ritorno conosce una ragazza che seduce per poi scoprire che è la sorella creduta smarrita nei boschi. Conosciuta la verità, la giovane per la vergogna si getta in un fiume mentre Kullervo, trovato Untamo e compiuta la vendetta, torna sul luogo della morte della sorella, in compagnia del cane di famiglia, e qui chiede alla propria spada di ucciderlo gettandosi  su di essa.

Väinämöinen viene lasciato dalla moglie

Sono evidenti quindi, nella trama, alcuni echi della tragica epopea di Turin Turambar. Benchè lo stesso Tolkien non sia sempre stato coerente nel dichiarare la filiazione di alcuni fondamentali elementi del Silmarillion dall’opera finnica,  bisogna ormai considerare la storia di Kullervo come una tappa fondamentale nel percorso dell’autore inglese dall’adattamento all’invenzione.

Il passaggio dall’eroe primitivo del Kalevala, cruento e avido, tagliato “a fette grosse”, senza troppe sfumature (cosa che vale ancora di più per gli altri personaggi del racconto)  all’eroe del Silmarillion, ostinato ma gentile e dotato di una coscienza e di autocritica, non fu diretto. Tra i due va inserito l’esperimento compiuto da Tolkien che fu appunto il tentativo di riscrivere, in maniera personale, la storia di Kullervo. Questo è il primo tentativo di Tolkien di rielaborare e riorganizzare un racconto già esistente, nonché il primo tentativo di scrivere una tragedia e la prima incursione nella mitologia, suo futuro e privilegiato campo di invenzione.

Il racconto di Kullervo, così come rimaneggiato da Tolkien, è il tassello mancante che, una volta venuto alla luce, ha permesso ai critici di riscostruire il percorso creativo di Tolkien partendo dal modello fornito dal Kalevala.

L’operazione che Tolkien compie è quella di rendere più complessi trama e personaggi, creando consequenze temporali e legami di causa ed effetto laddove esisteva una frammentarietà di episodi e dando profondità a personaggi altrimenti ad una dimensione.

La storia di Kullervo di Tolkien fu scritta presumibilmente tra la fine del 1912 e l’inizio del 1913. (la prime tracce del Silmarillion sono del 1817) offrendo poi uno spunto importante non solo per la figura e la vicenda di Turin Turambar ma anche per la figura di Huan, il cane che compare accanto a Beren e Luthien.

L’opera, che è rimasta incompiuta, è chiaramente frutto di uno scrittore ancora acerbo. Tolkien mischia prosa e poesia, imitando consapevolmente lo stile degli scritti di William Morris, autore eclettico del XIX secolo e rendendo appositamente antiquata la storia, con inversioni poetiche e arcaismi, come proporrà in seguito anche nei primi testi della sua mitologia (La Casetta del gioco perduto nei Racconti ritrovati).

Väinämöinen costruisce una barca

L’elemento del Kullervo finnico che attrasse particolarmente Tolkien al punto da indurlo a riscriverne la storia  è con ogni probabilità, l’aspetto tragico e romantico del personaggio, conosciuto in un momento della vita dello scrittore in cui soffriva l’allontanamento forzato da Edith. C’è anche chi trova un nesso e dei parallelismi tra la biografia personale dell’autore e quella del personaggio (la perdita di entrambi i genitori, l’affidamento ad un tutore) sebbene, per quanto difficile, l’esperienza umana di Tolkien non tocchi la tragicità di quella del personaggio di fantasia.

Gli elementi che Tolkien introduce, modifica o approfondisce nella sua versione della storia di Kullervo riguardano i seguenti punti:

  • La famiglia e la sorella
  • Il carattere
  • Il cane
  • Le armi
  • L’incesto
  • Il finale.

Tolkien risolve alcune incongruenze presenti nell’opera originale relativamente alla famiglia del protagonista: Kullervo, che è figlio unico, ha perso la famiglia per mano di Untamo ma in seguito scopre che i famigliari in realtà sono ancora vivi: si crea così la condizione per l’incesto con una sorella che non ha mai conosciuto. Le “due famiglie” derivano da diverse versioni della storia di Kullervo che Lonrott cercò di unificare e di rendere il più possibile coerenti. Tolkien va oltre e crea una sola famiglia ma più articolata, con due fratelli maggiori e una gemella, Wanona, che trascorre i primi anni di vita con Kullervo e se ne separa solo dopo che il ragazzo viene venduto a Ilmarinen. Il legame con Wanona è solo momentaneamente dimenticato e si configura come opposto al legame con i due fratelli maggiori, nati, ai differenza dei gemelli, prima della prigionia.

Per quanto riguarda Kullervo, si passa dall’eroe disadattato, la cui natura è tale senza un vero motivo, di aspetto gradevole e ben vestito, che gode di una forza esagerata ed è predisposto alla magia, al Kullervo traumatizzato di Tolkien, un bambino abusato fisicamente e psicologicamente che, a causa di ciò,  cova a lungo la vendetta contro lo zio. Anche fisicamente questo Kullervo è diverso: più brutto e rozzo del suo predecessore letterario, è preda dell’ira che lo imbruttisce ancora di più rendendolo spaventoso.

La figura del cane Musti svolge nella versione tolkeniana un ruolo fondamentale: presente al fianco del protagonista e di Wanona fin da quando sono bambini, lo protegge e gli fornisce la magia per sfuggire ai tentativi di omicidio dello zio, insegnandogli anche le formule magiche per sopravvivere e ingannare la moglie di Ilmarinen. Diventa una sorta di figura tutelare per l’eroe ed è messo in relazione agli inferi. Nella versione originale Musti compare invece solo alla fine della vicenda, prima del suicidio del protagonista.

Le armi usate da Kullervo, nella versione Tolkeniana, assumono maggiore rilievo: il coltello che si rompe nella selce non è semplicemente un oggetto appartenuto al padre Kalervo, ma è un dono della madre a memoria dell’omicidio del marito, una sorta di talismano e strumento di salvezza per Kullervo quando Untamo tenta di ucciderlo per la terza volta impiccandolo. La spada con cui Kullervo conversa nel finale per chiederle la morte parla in entrambi i casi ma nella versione Tolkeniana sembra possedere maggiore consapevolezza e personalità.

La vicenda dell’incesto, apice della tragedia, nel Kullervo di Lonrott si eaurisce brevemente e rimane tragica solo in potenza. Tolkien la contestualizza e l’analizza più profondamente creando anche una sorta di attesa nel lettore che inizia ad intuire che qualcosa di grave sta per accadere. Kullervo incontra inconsapevolmente la sorella su un sentiero che gli era stato precedentemente sconsigliato e la prende con sé sebbene lei all’inizio si opponga. Si intuisce che i due condividono un certo periodo di vita apparentemente felice, fino alla scoperta della verità che però avviene solo da parte di Wanona e del lettore ma non di Kullervo: la ragazza si getta nella cascata e Kullervo avrà la conferma della sua identità solo alla fine  del racconto, quando, compiuta la vendetta contro Untamo,  sogna la madre che gli dirà di aver incontrato la sua gemella nell’oltretomba.

Gli echi di Kullervo nella storia di Turin Turambar sono facilmente individuabili: l’orfano sventurato con la famiglia distrutta e tutte le conseguenze psicologiche che ne derivano, la sorella sconosciuta, il coltello ereditato, l’amore proibito, la scoperta di una verità inaccettabile, l’auto annientamento finale tramite la spada. E l’eco di Musti nel fedele Huan amico di Beren, cane di grande forza e potere magico, che muore insieme all’eroe e che riprende l’archetipo dell’aiutante animale delle fiabe, che parla e agisce come una persona.

Kullervo cade alla battaglia di Unequal

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Crediti:

La storia di Kullervo, J.R.R. Tolkien, a cura di V. Fliager, Bompiani 2016

Kalevala, a cura di Gabriella Agrati e Maria Letizia Magini, Mondadori 1988

Tutte le imamgini sono di Nicolai Kochergin

 

 

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